martedì 10 settembre 2013

La mia vita con i fumetti: il banco del mercato

Il mercoledì è da sempre giorno di mercato qui dove vivo. Da molti anni però c'è un vuoto in quel mercato: manca "l'omino dei giornalini" come lo chiamavamo io e i miei compagni di scuola delle elementari e medie. Un banco del mercato che per circa trent'anni ha svolto un ruolo importantissimo per quelli delle mia generazione e di alcune precedenti e successive. Il business principale era la compravendita di giornalini pornografici, poi venivano i "neri", i "Bonelli", i supereroi ed altri, compresi territori limitrofi come fotoromanzi.
I clienti più strani come il sotttoscritto riuscivano, raramente, ha trovare anche altro come le riviste a fumetti, qualche, "pocket" o veri e propri libri.
Fino alla maggiore età e quindi la possibilità di spostarsi in città alla ricerca di quella chimera che nell'immaginario doveva per forza chiamarsi "casa del fumetto", il banco del mercato era, oltre naturalmente all'edicola, l'unica fonte di approvvigionamento di fumetti. Ed era una fonte limitata per due motivi: innanzi tutto potevamo andarci solo in periodo di vacanze scolastiche perché il mercato è solo al mattino e poi l'omino dei giornalini non aveva grossisti a cui rifornirsi, i suoi acquisti erano solo i privati che rivendevano i fumetti. La meccanica dei prezzi è in parte invariata tutt'oggi, infatti il commerciante pagava per gli acquisti un terzo del prezzo a cui avrebbe rivenduto.
Le vendite avvenivano normalmente alla metà del prezzo di copertina, salvo i "numeri vecchi" più rari.
Tanti ricordi sono legati alle corse per arrivare al mercato prima degli altri, alle pazienti ricerche con le mancoliste, alla gioia per aver trovato l'ultimo numero della collezione.
Poi un giorno, ero militare in licenza e quindi mancavo dal mercato da mesi, vidi il furgone dell'omino dei giornalini tristemente parcheggiato con la scritta "vendesi". Era la fine di un'epoca.

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